Ovvero l'evoluzione moderna del cittadino di Fiumicino

martedì 14 giugno 2011

Evviva Giulio... Frontino il "curator aquarum" (seconda parte)

Ritorno a parlare del sistema di approvvigionamento idrico in età romana.
Scrive Strabone:  “La quantità di acqua che viene condotta nella città è talmente grande che attraverso la città e nei canali sotterranei scorrono veri e proprî fiumi e quasi ogni casa ha condutture e serbatoi propri e possiede fontane che zampillano in abbondanza.”


Nel periodo imperiale, si sviluppò un diffuso sistema di tubazioni, generalmente in piombo, correnti sotto il piano stradale, ad alimentare le fontane pubbliche, i bagni e le terme pubbliche, le case patrizie.
La distribuzione avveniva attraverso torri idrauliche a vasche sfalsate (i castella) in grado di garantire una prefissata gerarchia tra le differenti tipologie di utenza.
Un parallelo e conseguente sistema di raccolta delle acque usate, la rete delle fognature, garantiva una buona tutela sanitaria. Al massimo sviluppo dell’impero, tutte le maggiori città disponevano di un sistema di approvvigionamento di acqua e di evacuazione dei liquami, ai quali si affiancava un òttimo servizo di manutenzione.
Ecco qui una rappresentazione del sistema di approvvigionamento in una città romana.

Sistema di distribuzione antico
Questa era la gerarchia nell’alimentazione urbana: fontane pubbliche e piscine, bagni pubblici (terme) e teatri, case private – agli ultimi due gruppi di utenze era imposta una tariffa.
La tecnologia permetteva di disporre di efficienti valvole di intercettazione e di rubinetti, generalmente in bronzo o in lega di piombo, la cui malleabilità riduceva le perdite.
Poiché però il flusso era continuo, la corrente nelle tubazioni principali correva altrettanto costantemente. Ogni consumatore, soggetto alla tariffa, non pagava in proporzione all’acqua che consumava, ma un importo fisso in base al diàmetro della tubazione di allacciamento, che era considerato significativo per la valutazione della quantità (la portata) delle acque erogàte.
L’incomprimibilità dell’acqua, ovviamente, comporta il fatto che tutta l’acqua che entra in un sistema sia pari a quella che dallo stesso se ne esce, ma ogni singola uscita non estrae la stessa quantità di acqua, a pari sezione, pertanto non è possibile – senza tener conto della velocità – valutare la presenza di perdite, di allacciamenti abusivi, né considerare la distribuzione assolutamente equànime.
A dispetto dei grandi progressi dei Romani nell’arte della distribuzione dell’acqua si può concludere, che essi non indagarono i princìpi dell’Idraulica, ignorando addirittura le scoperte fatte dai più prossimi ed esemplari vicini Greci.
Non màncano norme che régolavano i diritti ed i doveri di chi possedeva le terre prossime all’acqua pubblica (circumlentes).
Per vigilare, dirimere le liti e sanzionare gli abusi esisteva una magistratura specializzata, individuata nella figura dei Censores, anche se, nel corso del tempo, si ha testimonianza di interventi condotti da Edìli, da Quaestores, se non addirittura dallo stesso Imperatore.
Il primo imperatore, Cesare Ottaviano, nel 10 a.C. istituì uno speciale ufficio per l’amministrazione delle acque pubbliche, la Statio aquarum, affidata ad una nuova figura di magistrato: il Curator aquarum. Con tale organizzazione si potè gestire in modo sistemàtico le acque di Roma e, analogamente, delle altre città dell’impero, e riscuotere,  il tributo degli utenti soggetti a questa tassa.
Il Diritto Romano, ha dato un contributo anche alla cultura dell’acqua, a quei tempi ùnico fluido oggetto di attenzione.
I Romani, con Vitruvio e Frontino, ebbero il mérito di scrivere ‘della tecnologìa dell’acqua’, non solo come progresso della tecnica ma anche per aver raccontato della capacità della mente umana di concepìre e realizzare strabilianti progetti.
Nel normale corso dello sviluppo scientifico la scoperta dei princìpi di base è séguito delle osservazioni empiriche. Molti princìpi di Idraulica sembrano invece aver preceduto la pratica ma senza trovare in essa applicazione, ricadendo nell’oblìo per sécoli e sécoli.
Probabilmente sino ad oggi. L'esito del referendum appena conclusosi, gli italiani hanno detto:
"l’acqua deve rimanere un bene pubblico, di tutti 
e sul quale non si devono fare profitti."






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