Ovvero l'evoluzione moderna del cittadino di Fiumicino

martedì 2 novembre 2010

Il trucco c'è e si vede...

Vi è mai capitato di entrare in un museo Romano e notare le statue e i dipinti degli uomini e delle donne romane ben acconciati con le loro bizzarre pettinature?
Sembra di essere in un salone di bellezza.

Eppure, le statue romane, oggi, non ci danno un’idea completa dell’originale estrosità dei romani in fatto di trucco e cosmesi.
Esse non avevano il color del marmo, ma erano dipinti con tinte molto appariscenti. Le donne amavano farsi belle utilizzando creme e cosmetici. Preziosi unguenti, olii profumati, kajal, ma anche pietra pomice e soda. Bellezza e igiene nell’antica Roma non erano facoltative per chi tenesse a migliorare o a mantenere la propria posizione sociale.

Il trucco
Malachite
I trucchi erano riservati alle donne più mature, senza il minimo riguardo per l’effettiva compatibilità con la pelle umana si preparavano cosmetici con prodotti altrimenti utilizzati in pittura.
Fondotinta a base di caolino, il cinabro per il rosso, la malachite per il verde, la polvere di corno per marcare le sopracciglia, ossidi di rame e ossidi di ferro che non davano vita soltanto a colori violenti ma erano anche causa di “misteriosi” avvelenamenti.
Cinabro
Anche gli uomini a volte ricorrevano al trucco, più che altro per coprire difetti o un colorito malsano della pelle.
L'impostazione della moda era influenzata dalle culture e dai costumi delle popolazioni con cui i romani venivano in contatto.

La depilazione
La depilazione, con la cera o con la rasatura, era suggerita anche agli uomini che comunque non dovevano presentare sulle gambe peli ispidi. Alle donne Ovidio sconsigliava vivamente l’esposizione al sole. E mentre le sopracciglia dovevano essere molto scure la pelle del viso era da preferire chiarissima.

Le acconciature
Ricercatissimo era il lavoro delle Ornatrix che sarebbe riduttivo chiamare parrucchiere.
La loro preziosa manodopera era contesa tra le dame romane e così costosa da determinare la necessità per più famiglie di condividere la stessa acconciatrice.
In fatto di colore grande successo avevano i capelli biondi come quelli delle donne barbare.
Le romane li ottenevano utilizzando erbe contenenti ammoniaca.
I capelli posticci arrivavano dall’India o dal nord Europa, dove ad ogni conquista corrispondevano carichi di capelli chiari destinati ad essere venduti nei mercati romani.
Salvia
Zafferano
Anche gli uomini si tingevano i capelli, soprattutto di nero, mentre per le prostitute sembra che ci fosse, oltre all’arancione fuoco, il turchino.
Nardo, giglio e gelsomino erano alla base di cosmetici destinati alla cura del corpo.
Zafferano, salvia e alloro erano normalmente in uso sia in cucina che per la cura del corpo.

Cosmesi e cucina, tanto importanti per le economie dei paesi, e di fatto il primo veicolo di scambio culturale tra i popoli, venivano programmate così in ambito domestico grazie all’interesse e all’apertura delle donne romane.

Secondo un articolo apparso su Repubblica  02 giugno 2010 una neolaureata, un gruppo di giovani studiosi-imprenditori, e il laboratorio guidato dal ricercatore Leonardo Setti, hanno presentato il progetto di impresa «Frescosmesi», nato dai laboratori di Chimica industriale dell' Ateneo.
L'idea è semplice: quello che per le aziende alimentari è un rifiuto da smaltire, per i giovani universitari è «una ricca fonte di molecole attive». Per farci prodotti di bellezza.
Creme e balsami a base di albicocche scartate nella lavorazione delle marmellate, di bucce di pomodoro eliminate quando si fa la conserva e di vinaccia del Lambrusco avanzata dalla produzione.
«Non solo: l' idea è quella di legare anche i prodotti cosmetici al territorio, come si fa con il cibo».

Escludendo gli ossidi di ferro e di rame, causa di avvelenamenti mortali, possiamo dire che i prodotti della terra sono sempre stati sfruttati dall'uomo, e non solo per alimentarsene.


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