Ovvero l'evoluzione moderna del cittadino di Fiumicino

mercoledì 6 giugno 2012

A proposito del lavoro e del lavoratore...

A proposito del lavoro e del lavoratore... (prima parte).
Ecco come ne parlava Cicerone ne "De officiis", un'opera filosofica che tratta dei doveri a cui ogni uomo deve attenersi in quanto membro dello stato, composta negli ultimi mesi del 44 a.C., in meno di quattro settimane.
Quale professioni sono da reputarsi nobili e quali ignobili?



Si disapprovano quei guadagni che suscitano l'odio della gente, come quelli degli esattori e degli usurai. Ignobili e abietti, poi, sono i guadagni di tutti quei mercenari che vendono, non l'opera della mente, ma il lavoro del braccio: in essi la mercede è per se stessa il prezzo della loro servitù.
Abietti sono da reputarsi anche coloro che acquistano dai grossi mercanti cose da rivender subito al minuto: costoro non farebbero alcun guadagno se non dicessero tante bugie; e il mentire è la più grande vergogna del mondo. Tutti gli artigiani, inoltre, esercitano un mestiere volgare: non c'è ombra di nobiltà in una bottega. Ancora più in basso sono quei mestieri che servono al piacere: «Pescivendoli, macellai, cuochi, salsicciai, pescatori». Aggiungi pure, se non ti dispiace, i profumieri, i ballerini e tutta la masnada dei mimi e delle mime.
Tutte quelle professioni, invece, che richiedono maggiore intelligenza e che procurano inestimabile profitto, come la medicina, l'architettura e l'insegnamento delle arti liberali, sono professioni onorevoli per coloro al cui ceto si addicono.
Quanto al commercio, se è in piccolo, è da considerarsi degradante; ma se è in grande, poiché con esso si importano da ogni parte molte merci e sono distribuite a molti senza frode, non è poi tanto da biasimarsi. Anzi, se il mercante, sazio o, per dir meglio, contento dei suoi guadagni, come spesso dall'alto mare si trasferisce nel porto, così ora dal porto si ritira nei suoì possedimenti in campagna, merita evidentemente ogni lode.
Ma fra tutte le occupazioni, da cui si può trarre qualche profitto, la più nobile, la più feconda, la più dilettevole, la più degna di un vero uomo e di un libero cittadino è l'agricoltura.

Cicerone parla delle professioni e spiega l’atteggiamento del gruppo dirigente, degli intellettuali e dei letterati romani nei confronti del lavoro.
Il contenuto appena esposto del De officiis serve a inquadrare questa classificazione ciceroniana delle attività lavorative: il decorum è ciò che è confacente alla condizione specifica del cittadino romano; dato che questi ha come massimo obiettivo la partecipazione alla vita politica, il decorum è per lui ciò che favorisce la sua carriera in tale campo.
Per  Cicerone quindi  la valutazione dei diversi lavori deriva da considerazioni non economiche, ma sociali.
Per l’autore e i suoi lettori, evidentemente, le questioni economiche non erano tanto importanti quanto l’immagine che ciascuno doveva esibire.
La considerazione negativa di ogni mestiere remunerato è propria di letterati e pensatori romani, ma non è condivisa da tutti. Nel prossimo post vediamo de' "Lavoro secondo i lavoratori".



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